Interfacce gestuali, avatar e realtà virtuale

Gualtiero Carraro, 2001

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I CODICI DELLA VITA ARTIFICIALE
Le applicazioni di Artificial Life introducono nei computer personaggi virtuali in grado di interagire con l’uomo non solo mediante la parola ma anche con i gesti e le espressioni corporee. L’interazione tra uomini e macchine sale di livello e richiede anche una nuova riflessione teorica.

LA FRONTIERA DELL’ARTIFICIAL LIFE
Nei laboratori più avanzati di Information e Communication Technology stanno nascendo personaggi sintetici in grado di simulare la vita, l’intelligenza e la comunicazione umana, nell’obiettivo di rendere sempre più amichevole, efficace e piacevole il rapporto tra l’uomo e la tecnologia.
Le nuove forme di interazione tra uomo e computer prendono spunto da studi approfonditi sul comportamento umano e animale, e sui linguaggi non verbali.
Strane creature animate, simili ad animali o a giocattoli, appaiono nello schermo e attraverso gesti, parole e azioni comunicano con gli utenti. Mediante telecamere sono in grado di registrare e riconoscere le nostre espressioni e di reagire di conseguenza.
La programmazione dei comportamenti e la capacità di apprendere con l’esperienza rendono questi esseri artificiali dei compagni in grado non solo di intrattenerci, come un cane fedele o un giocattolo, ma anche di assisterci nell’uso del computer o nella navigazione in Internet.
Alcune forme di “Artificial Life” sono finalizzate anche a migliorare la comunicazione tecnologica tra gli uomini, fungendo da interpreti, scoprendo i comuni interessi, facilitando la nascita di comunità digitali.
Vari neologismi descrivono questi esseri comunicativi: Knowbot (robot cognitivo), Agent, Tutor, Avatar.
Le conseguenze cognitive, pedagogiche e linguistiche di queste innovazioni sono di ampia portata e meritano una riflessione teorica.

I FONDAMENTI DELL’INTERAZIONE GESTUALE UOMO-MACCHINA
In realtà l’introduzione delle creature sintetiche dell’intelligenza artificiale è stata preceduta da varie fasi evolutive dell’interazione tra uomini e computer, a partire dall’introduzione della tastiera, del mouse, del Joystick e delle interfacce grafiche.
L’azione motoria, in diverse forme, è sin dall’inizio presente nella comunicazione uomo-macchina. Anche la tastiera risponde al tatto delle dita, e possiede dei tasti dedicati specificamente allo spostamento motorio nello schermo: il “return”, le frecce di posizione, la barra spaziatrice.
Tuttavia nell’interfaccia alfanumerica, fatta di lettere e numeri, i movimenti sono limitati dalle regole della scrittura: dall’alto a sinistra fino in basso a destra.
Ma il computer va ben oltre la pagina: presto rivela le sue potenzialità dinamiche, a partire dalle successive innovazioni nell’interfaccia; mouse, Joystick, touch screen, penne ottiche, data glove.

IL CURSORE: LA FRECCIA E LA MANO
L’introduzione del mouse immette il computer nell’ambiente spaziale. Si parla subito di “metafora della scrivania”: il cursore non si muove più nello spazio astratto, convenzionale della scrittura, ma ritrova gli oggetti e i luoghi che l’uomo conosce nella propria realtà. Cartelle, cestini, finestre, matite e penne appaiono nello schermo e sono al centro dell’attività frenetica del cursore. La gestualità trionfa sulla logica convenzionale: ogni operazione, ogni procedura informatica corrisponde in realtà ad un gesto, ad una azione. Non a caso, la forma del cursore è cambiata: non è più il segno astratto della videoscrittura ma diventa una freccia, o addirittura una mano, con il dito puntato.
L’uomo paleolitico colpiva con le frecce i bufali, e le loro immagini dipinte sulle rocce. L’uomo postindustriale va a caccia di informazioni muovendo ancora una freccia. Un segno di incredibile continuità.

CONTROLLI MOTORI E VIDEOGAME
L’azione continua. L’informatica di massa si afferma all’insegna della gestualità interattiva: in particolare attraverso il Joystick. Interattività diventa intrattenimento, lo schermo ospita ambienti ben più vasti e dinamici delle “scrivanie”, spazi illimitati e fantastici. L’azione, traslata attraverso il controllo schematico dell’interfaccia, si proietta in corse automobilistiche, labirinti, duelli aerei.
Il videogame ha rappresentato una forma di alfabetizzazione di massa al linguaggio dell’interazione dinamica e gestuale. Per le nuove generazioni dei videogiocatori affrontare nello schermo dei personaggi virtuali non è più una esperienza insolita.

GESTI VIRTUALI
Ciò che si definisce realtà virtuale differisce dalle altre forme di simulazione create dall’uomo (pittura, scultura, cinema) anzitutto per due componenti: la spazialità tridimensionale e l’interattività.
Attraverso un guanto speciale (data glove) o altre interfacce analoghe, l’uomo proietta la sua mano in uno spazio artificiale, dove i suoi gesti ottengono reazioni e risultati artificiali.
Da qui parte una gestualità senza limiti, ancora in gran parte inesplorata.

LE AZIONI E GLI OGGETTI
Chi agisce? Senza dubbio, in primo luogo agisce l’uomo.
Ma il computer, al contrario del libro, reagisce.
Le re-azioni sono ciò che rende reale l’interazione.
A volte le reazioni del computer prendono una forma antropomorfica, o almeno animistica.
Nel primo sistema operativo visuale di massa, il Macintosh, al gesto “on” la macchina risponde con le procedure di accensione e, guarda caso, col gesto di un sorriso. Quando si compie un errore di sistema, il computer lo segnala con una smorfia di dolore o con l’immagine di una bomba. Le icone reagiscono alle azioni dell’utente con gesti animati, o meglio “animistici”: il cestino si gonfia, le icone selezionate luccicano ed emettono suoni o effetti visivi.
Anche il successivo “mondo windows” è affollato da tutor gestuali che comunicano con la mimica e partecipano al sistema interattivo di icone, finestre, menù a scomparsa.
Nei videogame questa logica esplode alla massima potenza.

SPIRITI E FOLLETTI: SPRITE E PIXEL
Gli elementi del videogame hanno nomi significativi. L’unità elementare dei giochi, il personaggio o l’oggetto che si muove interagendo, si chiama SPRITE (in inglese: spiritello). L’unità minima dello schermo grafico, il punto luminoso, si chiama PIXEL (in inglese: folletto).
Perchè questi scherzi del linguaggio? Forse nell’informatica è presente una corrente inconscia, un flusso di emozioni primarie che scorre tra l’uomo e la macchina.
H. Werner, nella “Psicologia comparata dello sviluppo mentale” insegna che nella mente infantile, e in ciò che di essa sopravvive nell’adulto, gli oggetti hanno un’anima e una vita propria: la scopa vola, la sedia salta, il cane pensa e parla. Le cose si muovono, hanno un’anima e una animazione gestuale.

ANIMISMO, EMOZIONI E ANIMAZIONI
Il segreto del successo mondiale del cartone animato, di cui Walt Disney è stato il maggior interprete, risiede negli strati più profondi della psicologia evolutiva.
Fenomeni misteriosi come l’animismo, la percezione fisiognomica, la deformazione emotiva alimentano l’entusiasmo per i Cartoons e per i loro paladini: Mickey Mouse, Donald Duck, Roger Rabbit. Gli stessi fenomeni psicologici primari sono presenti nell’interfaccia avanzata dei computer.
Per il bambino uomini e animali confondono le proprie caratteristiche espressive: l’uomo-volpe è furbo, il papero-uomo è stupido. Nei secoli passati anche la scienza fisiognomica classificava gli uomini ricorrendo a categorie animali: la faccia da toro, quella da topo o da maiale…
Gli uomini-animali dei Cartoons sono dei cuccioli adorabili, come si può notare dalle dimensioni della testa e degli occhi e dalla forma degli arti e della mani. Le loro emozioni sono esagerate, esattamente come quelle della percezione infantile: la mano dolorante si gonfia a dismisura, la rabbia si dipinge intensamente di verde e nero, l’idea accende l’ideogramma della lampadina. Lo stesso accade alle icone dei computer.
Il disegno animato non è la versione “manuale” del cinema: è un media autonomo che vede il mondo non con gli occhi “obiettivi” della fotografia ma con quelli meravigliosi dello sguardo infantile.
Senza aver compreso questi meccanismi primordiali, qualsiasi progetto di artificial life risulterà assolutamente superficiale.

L’EFFICACIA DEL LINGUAGGIO MUTO, DAL CINEMA AL MIMO
Raccontare senza parole: ecco la sfida titanica del cinema muto.
Charlie Chaplin ha raccolto questa sfida e l’ha portata ai massimi livelli dell’espressione artistica. La sua difesa del muto, ai nostri occhi paradossale, coglie in realtà il nucleo stesso del cinema e della comunicazione umana, che in primo luogo è pre-verbale.
L’uomo nasce muto per poi imparare a comunicare attraverso i gesti e le interazioni col mondo.
Nella civiltà multimediale anche il gesto potrà nuovamente candidarsi come nucleo della comunicazione umana, al di sopra delle differenze di lingua e di scrittura.
Il successo di Macintosh e Windows è simile a quello del cinema muto: entrambi parlano il linguaggio universale delle interazioni.

LA LINGUA ETOLOGICA DEI COMPORTAMENTI
L’Ethos è il comportamento, denominatore comune tra l’uomo e gli altri esseri viventi.
L’Etologia di Konrad Lorenz ha scoperto che il linguaggio comincia prima della parola: la comunicazione nasce nell’universo di gesti e di interazioni tra i viventi e l’ambiente.
La grammatica del comportamento è completa e chiara a tutti i viventi.
Vediamo come funziona un colloquio interattivo a livello animale: il bufalo controlla il suo cucciolo che si abbevera nel ruscello. Capisce l’azione del leopardo che aggredisce il suo piccolo, risponde con una inter-azione di attacco, che a sua volta viene letta dal leopardo, incerto se ribadire la sua azione o rovesciarla subito nella fuga. Dal suo albero il babbuino legge perfettamente queste frasi interattive e ne fa tesoro: sa bene che questa grammatica del comportamento deciderà anche della sua vita e della sua morte.
Questo è l’ambiente vitale dove nasce il linguaggio. Prima del linguaggio c’é l’azione.
Aggredire, proteggere, ingerire, fuggire, corteggiare: i verbi sono azioni reali, compiute da soggetti viventi e rivolte ad oggetti, precisate da avverbi di tempo, di modo e di luogo, azioni da cui deriveranno per “ritualizzazione” e astrazione simbolica le parole e le frasi..
L’Etologia allunga la storia della cultura di parecchi milioni di anni. L’avventura della comunicazione comincia molto prima dell’uomo, nell’interazione e nel comportamento dei viventi, e oggi si prolunga nell’interazione tra gli uomini e le macchine.

CHARACTERS SINTETICI: NEL FUTURO C’E’ L’INTERAZIONE
Il futuro della comunicazione elettronica viene sempre più affidato al linguaggio delle azioni: nei laboratori americani stanno nascendo forme di artificial life e nuovi personaggi sintetici. Oltre alle forme, ai gesti e alle voci, si progettano comportamenti e intelligenze virtuali.
Il software del futuro sarà molto simile ad un campo da gioco vivente. Nel computer incontreremo figure animate e animali ai quali chiederemo di andare a caccia delle informazioni necessarie per vivere.
Questi esseri sintetici si adatteranno ai nostri gusti e alle nostre abitudini e ci assisteranno nella scoperta continua delle funzioni dei software e dei servizi e dei contenuti del World Wide Web.
Tuttavia, non è ancora stato pensato a fondo il senso dell’azione e dell’interazione.
Forse perché il nostro pensiero è confuso dalle parole, dal linguaggio verbale, e perde di vista la logica primaria delle azioni. Dobbiamo cominciare ad accorgerci che prima del pensiero, prima del linguaggio, parlano le azioni.
In mancanza di una tradizione teorica consolidata, all’inizio del XXI secolo occorre avviare una ricerca interdisciplinare dei fondamenti del linguaggio non-verbale, dall’etologia alla psicologia, dall’informatica al teatro.
Manca tuttora un quadro filosofico in grado di interpretare e orientare correttamente le innovazioni che la tecnologia sta per diffondere in ogni campo del sociale. L’accelerazione tecnologica sta vincendo sulla capacità di elaborazione culturale.