Sintesi video nell’intervento in Ted Talks 2012 di Gualtiero Carraro
Il sapere occidentale, compresa la filosofia, è espressione della scrittura alfabetica. La filosofia, sostiene Derrida, è impensabile senza la scrittura fonetica: ben lungi dal rappresentare una tecnica fonetica di notazione, l’alfabeto è la struttura stessa del pensiero filosofico. La razionalità occidentale procede dalla strategia planetaria di alfabetizzazione, nella quale l’immagine si colloca in una posizione gregaria e saldamente controllata, oppure addirittura non trova posto.
L’alfabetizzazione accade, già nel racconto biblico dell’avvento della Scrittura di Dio, come rimozione dell’immagine dalla scrittura (rimozione espressa nel divieto biblico delle immagini, come conferma Freud). La scrittura può istituire il proprio sapere solo ritagliandolo sullo sfondo, obliato e temuto, di un “altro” sapere, scritto in immagini (la pre-istoria della storia, l’in-conscio della coscienza). L’archeologia e la psicologia portano alla luce proprio quelle espressioni ed articolazioni sintattiche del pensiero figurativo che l’alfabeto ha cancellato e allontanato da sé: scritture pittografiche, disegni infantili, culture idolatre.
La nostra stessa visione dell’immagine è “alfabetizzata”: essa appare fugacemente nella sfera incorporea della psiche o viene relegata nel circuito depotenziato dell’arte. Ciò che viene categoricamente proibito all’immagine è la facoltà di scrivere, facoltà che invece si riattiva laddove il controllo fonetico-razionale non riesce ad instaurarsi: nell’infanzia e nel sogno.
Il primato dell’alfabeto porta Derrida ad identificare la grammatica con l’ontologia, la metafisica con la scrittura fonetica; il libro è il modello universale del senso. In questa prospettiva, il tramonto dell’Occidente va interpretato come “chiusura” del libro: fine della scrittura come epoca dell’Essere. Oltrepassare il logocentrismo significa costruire una nuova immagine della scrittura, attraverso un paziente lavoro di ricerca e di interrogazione teorica su ciò che è proprio dello scrivere.
Solo una concezione aperta del linguaggio, capace di includere la scrittura e l’immagine, rende pensabile la sostituzione dell’im-posizione alfabetica con l’incontro colloquiante fra mondi linguistici diversi dal fonocentrismo occidentale.
Ciò significa istituire un’interrogazione radicale sulla dignità di un pensiero non inscritto in un testo alfabetico, vale a dire sull’autenticità delle possibili spaziature e messe in opera della verità.
Da tempo si scorgono i segni di un imminente processo epocale di de-scrizione della verità, inteso nel doppio senso di un decentramento del testo alfabetico e di un descrivere più vicino all’immagine e alla sua sintassi figurativa-descrittiva. Ne consegue anche un ipotizzabile svincolamento dell’arte dall’alfabetizzazione, verso l’assunzione di ruoli più significativi nel sistema del sapere. Si delinea la possibilità di scrivere, e pensare, in immagini.