Anche il settore dei beni culturali è investito dalla Digital Transformation: le tecnologie digitali stanno modificando l’esperienza di visita e abilitano nuovi attrattori nei musei, mentre la rete e i social media sono già il principale canale di accesso informativo al patrimonio culturale.
L’evoluzione verso i media immersivi - realtà virtuale e aumentata - sta ulteriormente accelerando la Digital Transformation dell’arte e dei musei, abilitando modalità di fruizione innovative, iniziative di nuova concezione come le mostre virtuali senza opere fisiche, esperienze altamente coinvolgenti per il pubblico come le applicazioni di archeologia virtuale.
In questo contesto l’apertura di M9, il primo grande museo multimediale in Italia, rappresenta un punto di discontinuità nell’offerta museale italiana, in linea con la tendenza innovativa nel settore delle esposizioni avviata con Expo 2015.
Non si tratta solo di trovare soluzioni tecnologiche o sviluppare iniziative isolate: è fondamentale elaborare strategie integrate di approccio alla cultura digitale.
Ad alcuni decenni dall’avvento del PC e del World Wide Web, il mondo digitale si è enormemente ampliato, sviluppando linguaggi potenti (ipermedialità, realtà virtuale, contenuti partecipativi) e industrie culturali native, come quelle dei videogame e dei social media. Ora siamo prossimi all’avvento del web 3.0, con applicazioni web AR e web VR.
Carraro LAB ha seguito sul nascere le principali fasi della cultura digitale, sia in ambito artistico che accademico, svolgendo un ruolo significativo nella editoria elettronica con circa 150 opere multimediali. Collaborando con importanti editori ed istituzioni culturali, Carraro LAB ha sviluppato un approccio strategico verso la cultura digitale.
Anche nel settore museale e artistico, occorre considerare che i digital media rappresentano una discontinuità rispetto al passato: chiamano il pubblico a interagire, sono pervasivi e cross-mediali.
Le grandi piattaforme digitali ci hanno insegnato una regola chiave: porre l’utente al centro. L’esperienza culturale sta diventando immersiva e investe le persone prima, durante e dopo la visita delle mostre e dei musei.
Internet, i social e i dispositivi mobili sono già oggi il canale informativo principale per il turismo d’arte, il contesto dove si prepara il viaggio e la visita, e sempre più spesso si acquista il biglietto.
Ma anche nella fase di visita in loco il digitale sta diventando sempre più rilevante: fornisce guide aumentate, permette esperienze immersive.
Dopo la visita, i social diventano il luogo della condivisione e del passaparola. Nessuno di questi passaggi deve sfuggire all’operatore culturale che sta sviluppando una strategia digitale integrata.
I musei e gli organizzatori di mostre sono migliaia di operatori, pubblici e privati, che hanno esigenze molto differenziate:
Il digitale non è quindi banalmente la soluzione ai problemi e alle esigenze del settore, ma una gamma articolata e complessa di risposte, da analizzare con attenzione e adattare a specifici bisogni.
Non soltanto i grandi musei si stanno misurando con la Digital Trasformation: il fenomeno interessa anche i piccoli musei e i siti monumentali, che posso avvalersi del digitale per ottenere una visibilità e un rapporto col pubblico finora impensabili.
Anzi, per certi versi Internet offre alle piccole realtà una maggiore opportunità di emergere, e di entrare finalmente nei circuiti più rappresentativi esaltando i propri contenuti distintivi.
Molti piccoli musei non hanno neppure il sito internet: ebbene, una delle prime e più interessanti soluzioni digitali è sviluppare un sito web 3.0, con funzioni di realtà virtuale e aumentata in grado di supportare l’utente prima, durante e dopo la visita.
L’Italia è davvero un museo a cielo aperto, anche se non sempre è leggibile e fruibile agevolmente. Internet, sia a distanza che in mobilità OnSite, offre la possibilità di valorizzare i musei diffusi nei centri storici, connettendo monumenti, opere d’arte, scorci. Cartografie immersive, immagini a 360 gradi riprese da Droni, segnaletiche e percorsi aumentati rendono efficace e divertente la scoperta culturale del territorio.
All’interno dei punti informativi si possono creare musei virtuali, ad esempio con visori di realtà virtuale, che oltre a fungere da attrattori per il pubblico e i ragazzi, permettono di ottenere una visione d’insieme dell’offerta artistica del territorio. Anche nei centri visita dei parchi naturali la creazione di VR Point può intrattenere il pubblico e offrire una preziosa esperienza anche alle persone diversamente abili.
Nell’archeologia la realtà virtuale è una killer application, in grado di coinvolgere gli utenti offrendo ricostruzioni ad alto impatto visivo. Una case history importante è la Time Machine che ha vinto il premio ICOM a Budapest del 2016, con l’integrazione di 6 tecnologie AR e VR nella esperienza di visita, ed è stata presentata da Google Art Foundation al parlamento UE di Bruxelles.
Per elaborare un progetto organico di digital transformation dei beni culturali è necessario raccogliere un mix di competenze non semplice da trovare e coordinare:
Carraro LAB è in grado di coprire tutte le competenze citate
La trasformazione digitale dell’ufficio avvenne grazie ad una celebre interfaccia, la “metafora della scrivania” che oggi caratterizza tutti i sistemi operativi, con icone e cartelle.
Nel campo dei beni culturali sono necessarie altre metafore e interfacce, che abilitano nuovi format digitali. Ad esempio:
La digital transformation non si ottiene con una sola tecnologia. Spesso occorre un mix complesso, da utilizzare nelle diverse fasi di promozione e fruizione:
Il percorso fin qui citato si completa con una esigenza e competenza cruciale: l’integrazione di tecnologie e applicazioni in un percorso multicanale, in grado di costruire una experience coerente ed efficace. Un mestiere complesso, che può richiedere anche sviluppi innovativi per coordinare contenuti e canali che nascono separati, come il web e i visori VR, il 3D e le proiezioni
L’esito più radicale e per certi aspetti paradossale della digital transformation dei beni culturali è costituito dalle mostre virtuali, che non prevedono la presenza di reperti o opere d’arte fisiche. Alcune mostre virtuali hanno riscontrato un grande successo di pubblico, con un importante effetto divulgativo e dei ritorni economici interessanti.
Un secondo caso sono i musei multimediali, come ad esempio M9 a Mestre, o il MAV di Ercolano. Si tratta di allestimenti permanenti puramente virtuali.
Molto più diffuso e articolato è l’ambito delle installazioni immersive, che possono essere realizzate sia all’interno di mostre che di musei tradizionali, e ne integrano l’offerta culturale con esperienze emotive e multimediali. Tra le più diffuse citiamo le oculus room, le proiezioni immersive, le installazioni a interazione gestuale e touch screen.
Nella dialettica tra esposizioni permanenti e mostre temporanee, il digitale può creare nuove opportunità, consentendo ad esempio di riproporre una experience rinnovata di opere della collezione permanente, oppure di sviluppare mostre virtuali abbinate al museo classico.
Il digitale evolve, con una notevole rapidità, e costringe a costanti aggiornamenti e adattamenti.
Occorre una grande lucidità ed esperienza, per gestire questa innovazione a volte travolgente dosando gli investimenti e pianificando le fasi di introduzione delle singole tecnologie.
La costante innovazione tecnologica di Carraro LAB si è concretizzata in diversi casi, ad esempio nella invenzione nel 2006 dello Street View, tecnologia oggi alla base del più grande museo virtuale On Line (Google Arts & culture), e nella soluzione Bubble Viewer presentata da Steve Jobs (2011), ma anche nella prima applicazione in Italia dei Samsung GEAR VR (2014) e di Facebook AR studio (2018).
La cultura digitale non può esistere senza le figure dell’autore e dell’artista: la creatività culturale non nasce dalla tecnologia in sè, ma dall’attività intellettuale che si avvale degli strumenti tecnologici per creare contenuti originali. Anche il rapporto con la tecnica deve essere creativo, portando a sperimentare nuove soluzioni, interfacce, tecnologie hardware, applicazioni.
Gualtiero e Roberto Carraro hanno ottenuto 10 premi internazionali per la cultura digitale, assegnati a opere come Roma Virtual History, Bibleworld, Omnia Arte, I Vangeli su CD ROM, Brixia Time Machine.
La carriera artistica dei gemelli Carraro inizia con la partecipazione alla Biennale di Venezia, nel laboratorio Ubiqua nel 1986, e l’anno successivo a Documenta a Kassel.
La progettazione di mostre multimediali si avvia negli anni ’90 con le grandi mostre tematiche di SMAU, e prosegue con i cataloghi multimediali di Palazzo Grassi (Maya, Etruschi, Rinascimento, Cosmos, Barocco...), e numerose iniziative fino ad Expo 2015, Casa Italia in Spief a San Pietroburgo, Being Leonardo, Sport Vr Experience, la sezione sul paesaggio di M9 nel 2018.
Roberto Carraro è docente all’accademia di Brera e tiene corsi sui linguaggi immersivi e le mostre virtuali.