Homo Extensus. Il Sapiens nell’era della Intelligenza Artificiale

Di Gualtiero Carraro

La tecnologia come estensione dell’uomo

Da quando ha cominciato a scheggiare pietre e a tendere corde per lanciare frecce, l’Homo Sapiens ha sempre utilizzato la tecnologia come estensione delle proprie facoltà naturali.

La dialettica tra le società umane e le loro estensioni tecnologiche ha segnato i passaggi tra le ere della preistoria e della storia: la caccia, l’agricoltura, l’industria, la società dell’informazione. Queste transizioni epocali sono state segnate da conflitti sociali, anche drammatici, ma alla fine hanno portato l’umanità ad aumentare il livello del proprio benessere, la durata e la qualità della vita.

Oggi ci troviamo ad affrontare la sfida della Intelligenza Artificiale, che potrebbe portarci ad una nuova dimensione antropologica, tutt’altro che scontata, che vogliamo definire ottimisticamente quella dell’”Homo Extensus”.

Questa definizione allude alla volontà di creare non soltanto una Intelligenza Artificiale dei processori, ma soprattutto una “Intelligenza Estesa”, cioè una estensione delle facoltà intellettive dell’uomo.

La tecnica e la mente: dall’alfabeto all’AI

Nella Divina Commedia, Ulisse esorta i suoi compagni a intraprendere nuove scoperte: “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”. Oltre alla storia delle innovazioni tecniche operative, come la ruota o il motore a scoppio, esiste una storia delle invenzioni che hanno impattato direttamente sulle facoltà mentali, sulla conoscenza. Tra queste probabilmente la principale è la scrittura alfabetica, che da oltre tremila anni ha reso possibile – a tutta la popolazione – di fissare e trasmettere nel tempo e nello spazio il pensiero. Le lettere fonetiche, insieme ai numeri, si apprendono fin dalla tenera età e rappresentano tutt’ora la chiave della crescita intellettuale e culturale, oltre che della scolarizzazione.

L’avvento dell’alfabeto, descritto da Freud e dalla Bibbia nelle vicende di Mosè sul Monte Sinai, porta con sé un passaggio epocale, dall’era dell’uomo mitico (preistorico) a quella dell’uomo storico. In Israele nasce la legge (Torah), l’idea del Dio unico e invisibile che parla ancora oggi attraverso il libro sacro ai Cristiani e agli Islamici. In Grecia l’avvento dell’alfabeto pone anche le basi del pensiero filosofico e scientifico.

Nessuna invenzione successiva ha avuto un impatto così profondo sulla mente umana: la stampa è stata solo una industrializzazione della scrittura alfabetica, le telecomunicazioni hanno accelerato le comunicazioni a distanza, Internet ha reso disponibili le informazioni, sempre sostanzialmente scritte in lettere e numeri.

Solo l’Intelligenza Artificiale promette ora una rivoluzione radicale, paragonabile per l’impatto sulla mente dell’uomo all’avvento della scrittura alfabetica.

Ma l’uomo mitico (orale, tribale, onirico) non sarebbe stato in grado di immaginare l’uomo storico (razionale, legale, scientifico).

La nostra generazione sarà in grado di immaginare – e progettare – l’”Homo Extensus”?

(Approfondisci: “L’immagine della Scrittura” – G. Carraro )

Web e AI, da rischio a risorsa

In realtà gli ultimi decenni di esposizione delle nuove generazioni ai media digitali non hanno portato ad una estensione, ma piuttosto ad una riduzione dell’intelligenza umana, come dimostrano recenti rilevazioni dell’andamento del Quoziente Intellettivo.

L’andamento del Quoziente Intellettivo (QI) dei popoli viene misurato dal cosiddetto effetto Flynn, secondo il quale il valore del quoziente intellettivo medio della popolazione aumenta nel corso degli anni e delle generazioni, con una crescita media di circa 3 punti per ogni decennio. Ciò è avvenuto fino all’inizio del nuovo millennio, quando in alcuni paesi sviluppati questo trend si è invertito: soprattutto nei paesi sviluppati si sono rilevati valori medi di quoziente d’intelligenza inferiori rispetto ai decenni precedenti.

Questa tendenza è stata confermata anche dal PIAAC (Programme for the International Assessment of Adult Competencies), un programma ideato dall’OCSE, che ha realizzato un’indagine in Italia su circa 12.000 persone. Il nostro paese è risultato tra i più colpiti dall’analfabetismo funzionale, cioè dall’incapacità di comprendere, valutare e usare le informazioni a disposizione.

Gran parte degli studi dimostrano che una eccessiva esposizione dei giovani agli schermi, in particolare smartphone e social media, ha impatti negativi sullo sviluppo cognitivo.

L’Intelligenza Artificiale comporta rischi ancora maggiori, in particolare legati ad una possibile atrofia delle facoltà intellettuali. Ad esempio, gli studenti che già oggi utilizzano ChatGPT per evitare di scrivere temi o riassunti, e per tradurre automaticamente le lingue, rischiano di perdere la capacità di scrivere e di apprendere le lingue straniere. Se non abbiamo bisogno di una facoltà, tendiamo a perderla. I racconti orali pre-omerici duravano giorni e venivano raccontati a memoria; con l’avvento dell’alfabeto, questa facoltà mnestica è andata perduta, per fortuna dando spazio ad altre facoltà mentali.

Solo una attenta gestione dell’avvento dell’AI potrà ridurre i rischi e valorizzare le risorse, per condurci alla dimensione dell’Homo Extensus.

L’animale e l’automa razionale

Aristotele definisce l’uomo “animale razionale” (zoon logon echon), l’unico animale dotato di parola e razionalità.  Come afferma Paolo Benanti, esperto dell’AI della Chiesa Cattolica, il linguaggio è la più importante tecnologia dell’uomo.

Oggi il Sapiens deve però rapportarsi ad una nuova entità, non un altro essere vivente, ma un automa creato dagli uomini, l’”automatos zoon echon”, l’Intelligenza Artificiale dotata di parola e ragione.

Questa questione riguarda l’intera comunità umana.  L’uomo non è solo, vive in comunità, sempre per Aristotele è un “animale politico “ (zoon politikòn). L’Intelligenza Artificiale non va affrontata da singoli uomini (o utenti), che rischiano di essere soverchiati dai superpoteri dell’”automa razionale”, ma dalla comunità socio-politica che deve elaborare delle soluzioni per gestirla nell’interesse dalla crescita umana.

Intelligenza Artificiale e comunità educativa

I social media hanno demolito la struttura e l’architettura della mediazione culturale nella società tradizionale. Le organizzazioni sociali che svolgevano un ruolo di mediazione culturale – come ad esempio la scuola, la famiglia, i mass media, la chiesa, i partiti politici – sostanzialmente sono stati cancellati nel loro ruolo gerarchico, cioè nella funzione chiave di mediatori tra la popolazione e la cultura ufficiale.

Tutto è stato appiattito nelle piattaforme social media e partecipative: il profilo social di qualsiasi utente è diventato di pari autorevolezza in rete rispetto a grandi strutture come la Chiesa Cattolica o come i giornali o le università. Nella fruizione quotidiana dei contenuti nei social media qualunque post ha potenzialmente pari peso e pari dignità rispetto all’altro.

Nella prima fase di utilizzo della più popolare piattaforma AI, ChatGPT, abbiamo assistito a milioni di studenti che lo utilizzano per far scrivere ricerche e riassunti al loro posto, realizzare traduzioni automatiche, superare esami senza essere preparati. Nelle università del Nord Europa si sa tornando agli esami orali, per evitare questi effetti diseducativi.

E che dire dei docenti? Si stanno diffondendo chatbot conversazionali che simulano il ruolo del docente, con l’evidente obiettivo di sostituirlo. I gravi danni psicologici legati all’isolamento digitale del Covid devono metterci in guardia da una tecnologia che può portare a disimparare a scrivere, a parlare lingue e a comprendere testi, in un potenziale rapporto innaturale e individuale tra studenti e macchine.

L’impatto dell’AI sulle competenze

L’argomentazione che induce a utilizzare l’Intelligenza Artificiale perché sarà di uso comune nelle professioni del futuro non è esente da difetti: siamo sicuri che un Copilot artificiale che supporta un dipendente o un manager nel suo lavoro non punti alla fine a sostituire il lavoratore stesso, dopo essersi addestrato sulle sue competenze? Il fatto che le stesse multinazionali che sviluppano l’Intelligenza Artificiale hanno licenziato migliaia di dipendenti deve per lo meno alimentare qualche sospetto. L’obiettivo dichiarato del “progetto Q” di Sam Altman, AD di OpenAI, è di sostituire tutte le attività economicamente rilevanti dell’uomo.

Gli effetti sociali di questo progetto, potenzialmente devastanti, meritano per lo meno un approccio improntato al senso critico e alla vigilanza sociale e politica, oltre che educativa. Non a caso tutti i governi sono allarmati e attenti alla evoluzione dell’AI e delle sue conseguenze nel tessuto sociale.

Il mondo della scuola richiede risposte specifiche e soluzioni adeguate.

L’Homo Extensus dell’era dell’AI non può rivelarsi un essere umano inutile o irrilevante, sostituito da algoritmi e robot.

L’obiettivo della Intelligenza Estesa

Al termine “Intelligenza Artificiale” nel sistema educativo è preferibile quello di “intelligenza estesa”, inteso come estensione dell’intelligenza umana. Ciò significa non puntare alla sostituzione della persona e delle sue capacità con sistemi automatici, ma alla estensione di facoltà e competenze umane.

Da quando l’uomo ha sviluppato strumenti tecnologici, a partire dall’arco e dalla freccia, questi hanno esteso le sue potenzialità, consentendoli di raggiungere obiettivi – e bersagli – prima al di fuori della sua portata. L’intelligenza estesa deve consentire di affrontare problemi e processi particolarmente complessi, non facilmente risolvibili senza il suo supporto.

La pedagogia come progettazione antropologica

La pedagogia in fondo è la progettazione delle nuove generazioni di umani, attraverso le metodologie e i processi formativi.

Ecco quindi che risulta fondamentale, per raggiungere l’obiettivo dell’Homo Extensus, sviluppare le nuove tecno-metodologie, abilitate dalla Intelligenza Artificiale e da altre soluzioni digitali, come la realtà virtuale e la realtà aumentata.

Restano sullo sfondo le domande fondative: “che tipo di persona occorre formare per una società integrata nella Intelligenza Artificiale?”, “quali sono le competenze da sviluppare per vivere in modo critico il ruolo di cittadino e di professionista nell’era dell’AI?”.

Intelligenza o Intelligenze Artificiali?

Va sviluppato un approccio educativo verso le diverse forme di Intelligenza Artificiale. Si deve quindi introdurre nel percorso formativo una classificazione e descrizione dei diversi generi delle “intelligenze artificiali” al plurale. In un solo processo formativo possono essere utilizzate diverse forme di AI. A titolo esemplificativo, citiamo questa lista di ambiti applicativi: scrittura e generazione testuale, arte e generazione di immagini, consulenza e previsione strategica, decision making e analisi predittive, software e information technology, didattica ed educazione, industria e robotica con computer vision, turismo e cultura, lingue e traduzioni speech to text e text to speech, marketing, sanita’ e medicale, produzione video, chat bot e interfacce conversazionali, trasporti e guida autonoma, motori di ricerca.

OverTheAI: mantenere il controllo dell’Intelligenza Artificiale

L’uomo deve essere “al di sopra” dell’Intelligenza Artificiale (OverTheAI), cioè deve avere il controllo dei processi svolti con il supporto dell’AI. Questa facoltà di controllo deve essere resa possibile ed esplicita nelle tecno-metodologie didattiche.

Occorre sviluppare diverse strategie per ottenere il controllo dell’AI. La prima si riconduce al motto cesariano “divide et impera”: è più facile controllare più intelligenze artificiali divise, piuttosto che una sola integrata e omologata.

Una seconda strategia è legata al posizionamento: è opportuno evitare di essere sottoposti ad una AI oracolare e monologica (come quella di ChatGPT e in generale delle interfacce conversazionali generaliste), ma è meglio diffidare anche dall’essere “affiancati” da un modello AI che funge da assistente paritario, prima o poi destinato a condizionarci. Occorre invece collocarci “al di sopra” dell’AI per mantenere una visione generale del processo formativo e delle sue componenti tecnologiche, finalizzate a obiettivi specifici.

Queste esigenze ci portano a inserire nei percorsi educativi più intelligenze artificiali, controllate da sistemi e processi  a loro esterni.

Xsense: I Super Sensi della realtà estesa

Oltre alla Intelligenza Artificiale, la Realtà Estesa è un’altra componente dei “Synthetic Media” che stanno creando una nuova dimensione dell’apprendimento e della conoscenza.

Qual’è la sensazione predominante nella esperienza immersiva? L’utente, in particolare il bambino, vive percezioni aumentate.

Diventa quasi un X-Men con superpoteri sensoriali:

Si teletrasporta in un altro luogo (luoghi remoti, l’oceano, i pianeti…)

Viaggia nel tempo, nel passato e nel futuro (nelle antiche civiltà, nei progetti futuri…)

Vede attraverso pareti o oggetti (scorge i semi nel suolo, gli organi interni del corpo umano…)

Può volare (sopra paesaggi e città…)

Cambia dimensioni (piccolo come un’ape, alto come un grattacielo…)

Ha una super-vista (attiva con gli occhi hyperzoom di microrganismi…)

Questo super-potere sensoriale può avere un impatto rilevante sullo sviluppo cognitivo.

Se ci riferiamo alla Intelligenza Artificiale, i superpoteri messi a disposizione sono la capacità di comprendere le lingue,  di sintetizzare testi ed elaborare progetti. Ma con l’AI il rischio di atrofizzare competenze cognitive (secondario nella realtà estesa) necessita una particolare attenzione.

(vedi l’’intervento: Realtà Virtuale e potenziamento cognitivo alla Università Bocconi )

Etica e finalità: profitto VS promozione umana

Sia il web che l’Intelligenza Artificiale sono nati nel contesto della ricerca scientifica e dell’Università, ma presto sono stati privatizzati da monopoli privati che sono spinti da logiche e risorse speculative. Il profitto è l’obiettivo centrale, e legalmente ineccepibile, di questi operatori economici.

Tuttavia, va segnalato che le esigenza dell’educazione  e della promozione umana non sempre coincidono con quelle del profitto. Abbiamo assistito ai gravi effetti cognitivi dei social media, dei motori di ricerca e del web in generale sulle nuove generazioni, e non possiamo permetterci un ulteriore gradino di discesa del Quoziente Intellettivo a causa di una gestione speculativa della Intelligenza Artificiale.

Dare Senso all’AI

Scrive Elon Musk: “La vera domanda sarà sul significato. Se computer e robot possono fare tutto meglio di te, la tua vita ha ancora un senso? Penso che ci possa essere ancora un ruolo per gli umani in questo – potremmo essere noi a dare un significato all’IA”. Detto da un protagonista entusiastico dell’innovazione tecnologica, che con le sue risorse può addirittura determinare tempi e modi dell’avvento dell’Intelligenza Artificiale, questa dichiarazione suona strana: è quasi l’ammissione che, al di sopra delle magnifiche sorti progressive della tecnologia, esiste una sfera superiore, del tutto umana, che è quella del senso.

Le domande e le risposte sul senso non fanno parte dell’ambito scientifico e tecnologico, ma di quello spirituale. Forse nell’Homo Extensus è necessario cercare quella luce divina che nella Sacra Scrittura ci suggerisce di considerarci “figli di Dio”. Di certo, l’uomo deve coltivare in sè il “senso” di responsabilità verso gli altri e la terra, che hanno sempre più bisogno di cure e attenzioni.

Approfondimenti:

Etica e Intelligenza Artificiale: uno dei primi interventi in Italia sul tema,  che risale al 2017.

Intelligenza Artificiale e geopolitica, convegno a Lugano

Saggezza o Intelligenza Artificiale? L’influenza dell’AI sull’etica e sul comportamento

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