Psicologia dei videogiochi... e della realtà virtuale

Il saggio DENTRO IL VIDEOGIOCO. pubblicato da ANANKE, a cura di Francesco Bocci  propone un VIAGGIO NELLA PSICOLOGIA DEI VIDEOGIOCHI  E NEI SUOI AMBITI APPLICATIVI.

Gualtiero Carraro ha curato il capitolo dedicato  REALTA’ VIRTUALE ed ESPERIENZE IMMERSIVE, di cui riportiamo alcuni estratti:

Nella ormai complessa e articolata vicenda dei videogiochi, la realtà virtuale rappresenta il più recente e per molti versi immaturo episodio. Difficile prevedere oggi se la VR sarà il filone chiave dell’evoluzione futura dei videogame, anche perché lo stato dell’arte al momento della stesura di questo articolo (settembre 2018) presenta molti aspetti critici: l’insorgenza di problemi di cinetosi, la scarsa qualità visiva dei visori, la carenza di contenuti adeguati.

Tuttavia, i primi anni di confronto e di sperimentazione con la nuova generazione dei visori VR, a partire da Oculus, hanno già fornito indicazioni interessanti, e come vedremo, inaspettate e sorprendenti.

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UNA ESPERIENZA MULTITARGET

La prima sorpresa è il comportamento di una signora intorno agli 80 anni, che si avvicina interessata alla sedia girevole e al casco, e chiede di provare la realtà virtuale. Non nascondo un certo imbarazzo: siamo agli antipodi del target classico dei videogiochi, l’adolescente maschio. Con una certa esitazione, la faccio accomodare e le porgo il visore.  Inaspettatamente, la signora ottuagenaria sorride e comincia a navigare. Ecco quindi una singolare caratteristica della realtà virtuale: è una esperienza multitarget, che potenzialmente è in grado di superare il digital divide, e di aprire a ulteriori generazioni la dimensione della virtualità.

 

Esperienze immersive multitarget

Esperienze immersive multitarget

I SUPERSENSI

Un altro aspetto molto potente è l’effetto wow della esperienza multisensoriale. Chi prova per la prima volta un visore VR rievoca spesso la famosa reazione dei primi spettatori del cinema dei fratelli Lumiere, che fuggono dalle sedie all’arrivo della locomotiva. Siamo di fronte ad un salto qualitativo della percezione mediatica, che viene colto immediatamente dagli utenti. Si entra in un mondo nuovo, dove il contenuto non è esterno ma ci avvolge interamente, coinvolgendo non solo la vista e l’udito, ma anche la cinestesi e il tatto. Inutile sottolineare il potenziale impatto di questa multisensorialità nell’esperienza videoludica. Piuttosto, voglio qui evidenziare un altro aspetto dei “supersensi virtuali”: il loro effetto sulle persone diversamente abili. Ho visto persone affette da SLA salire virtualmente sul ghiacciaio dello Stelvio, e altri con difficoltà motorie fare la coda per accedere a viaggi nel tempo e nello spazio, tuffi nel microcosmo, visioni in trasparenza di pareti e ascensori tridimensionali. La simulazione virtuale potrebbe evolvere in una nuova forma di accessibilità per tutti al teletrasporto e ad altre esperienze finora solo immaginate.

LA GAMIFICATION DELLA FORMAZIONE, DELLA CULTURA E DEL MARKETING

Dicevamo che non è ancora chiaro se la realtà virtuale sarà il futuro dei videogiochi. Ma una cosa è certa: sta già trasformando in chiave ludica la formazione, la cultura e il marketing. Quando un utente indossa un visore di realtà virtuale in un certo senso inizia già a giocare. Anche l’esperienza più semplice, la visione di un video a 360 gradi, è una gamification rispetto allo storytelling lineare e frontale del cinema. Per questo Steven Spielberg si dichiara preoccupato, in quanto regista, della potenziale concorrenza della realtà virtuale nei confronti del linguaggio cinematografico: “Penso che ci stiamo muovendo in un mezzo pericoloso con la realtà virtuale, … perché dà allo spettatore la possibilità di non seguire la direzione degli storyteller, ma di scegliere dove guardare”. In questo senso, il creatore di realtà virtuale è simile al game designer, così come viene descritto da Katie Salen e Eric Zimmerman in Rules of Play : “Un game designer non crea tecnologia. Un game designer crea un’esperienza.” Qui riscontriamo una comunità di intenti e di linguaggi tra VR e Videogame. La realtà virtuale quando investe la formazione o il marketing la traduce nel codice della gamification. Qui stiamo però intendendo il gioco in senso lato e antropologico, non limitandoci al mondo dei videogame. 

 

VideoGame enciclopedico virtuale Omnia Explorer

VideoGame enciclopedico virtuale Omnia Explorer

DAL QUADRO ALLA SFERA

Che cosa caratterizza la realtà virtuale rispetto ai Media precedenti, compresi i Videogame? Molti penseranno alla tecnologia, mentre l’innovazione sta soprattutto nel contenuto. In fondo fino ad oggi l’uomo ha consultato le immagini sempre all’interno di un riquadro, collocato di fronte ed esternamente rispetto allo spettatore: ciò è valso per la pittura, la fotografia, il cinema, la televisione, i pc, gli smartphone. Ebbene, per la prima volta con la realtà virtuale il contenuto si pone invece “attorno” all’utente. Noi siamo al centro, il contenuto ci circonda e la fruizione è immersiva. Questo aspetto è in nuce presente in alcuni generi di videogiochi, ma anche nelle pitture rupestri e nelle cattedrali. Ma la potenza percettiva della realtà virtuale abilita nuove possibilità espressive, che richiedono un passaggio culturale dallo storytelling lineare allo “spacetelling” immersivo.

(…) Forse con la realtà virtuale siamo di fronte ad una nuova generazione non soltanto del gioco, ma della stessa esperienza artistica e culturale.

Per approfondimenti nel sito Carraro LAB, leggi anche: